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Da “Il Piccolo” settimanale di Faenza

Negli utimi anni molte persone ed in particolare tante giovani famiglie hanno iniziato nel tempo libero a coltivare l’orto, questa attività dà soddisfazioni, permette di fare movimento, di riallinearsi con il ritmo della natura e di scaricare quella tensione che il lavoro d’oggi inevitabilmente e in modo spesso nascosto fa accumulare nel fisico e nella psiche.

Non ultimo tra i vantaggi vi è il risparmio e il sapere come è stato coltivato ciò che si mangia, infatti il seguire un metodo rispettoso della salute e della natura da molti è sempre di più considerato importante sia per la maggior attenzione all’ambiente sia perchè i prodotti dell’orto vengono cosumati dai famigliari e dagli amici.

Il mio interesse per l’agricoltura sinergica è iniziato oltre 10 anni fa quando leggendo su internet di questo metodo fui attratto in particolare da uno dei suoi principi e cioè nessuna lavorazione del suolo.
Allora lavoravo distante da casa per cui oltre alle 8 ore lavorative spendevo diverse ore nel viaggio e questo fu il motivo che mi fece interessare inizialmente ad un metodo che permettesse di coltivare un’orto a ‘bassa manutenzione’ e che fosse in linea con i principi dell’agricoltura biologica che già seguivo.
Il non dover vangare credo possa comunque da solo essere un motivo sufficiente per approfondire questo modo di coltivazione non tradizionale.

I principi su cui si basa questo metodo che è stato ideato, sperimentato e diffuso dalla spagnola Emilia Hazelip (1937 – 2003) sono semplici e si ispirano a ciò che da sempre succede nei boschi e nelle foreste naturali:

– Il terreno non va vangato o arato per non alterare l’equilibio del suolo poiché i batteri e microorganismi utili presenti negli strati superficiali hanno bisogno di ossigeno e rivoltare il terreno li distruggerebbe.
Quando si raccolgono le piante si lasciano le radici nel tereno, ad esclusione ovviamente delle piante in cui la radice o il tubero è la parte commestibile (carote, cipolle, patate, …), in questo modo la radice apporta humus al terreno.

– Non è necessario alcun apporto di fertilizzanti tranne i primi anni in cui si può utilizzare compost o letame per avviare l’autofertilità del terreno.

– Il terreno deve sempre essere ricoperto da una pacciamatura fatta con paglia o foglie o anche con carta di giornale cosi che sia protetto dal freddo, dal sole, dall’erosione della pioggia e si mantenga umido più a lungo risparmiando anche acqua per irrigarlo. Il metodo migliore per l’irrigazione è utilizzare tubi gocciolatori appoggiati sul terreno e sotto la pacciamatura.

– Non vanno utilizzati prodotti antiparassitari di sintesi.

– Il terreno coltivato non va mai calpestato per non compattarlo, per questo motivo le aiuole (dette anche bancali) devono essere rialzate o almeno protette per evitare di camminarci sopra.

– in ogni aiuola oltre alla coltura principale devono sempre essere presenti una leguminosa (piselli, fagioli,..) in quanto apporta azoto al terreno e una lilliacea (aglio, cipola, scalogno, porro,…) in quanto funge da antibiotico naturale. Assieme agli ortaggi si piantano fiori che li proteggano come ad esempio la calendula, il tagete e il nasturzio.

Sperimentando con successo nel mio orto in diversi anni queste indicazioni ho pensato di proporre all’amico Gianfranco Bartoletti di utilizzare un appezzamento incolto davanti alle serre nella sua azienda agricola a Russi per fare un’orto sinergico sperimentale dove si possa mostrare questo metodo di coltivazione a chi interessato e fare sperimentazioni di consociazioni tra piante e fiori.
L’orto non ha scopo di lucro e i prodotti vengono dati in beneficienza.

Chi fosse interessato ad approfondire l’argomento, condividere la propria esperienza o visitare l’orto sperimentale può scrivermi all’indirizzo email  andrea.babini@libero.it

Pubblicato da Andrea Babini sul settimanale ‘Il Piccolo’ d Faenza.

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